Il ministro dell’Ambiente Gian Luca  Galletti, è intervenuto al question time al Senato, riportiamo uno stralcio del suo intervento in aula:

“Nell’ambito degli impegni definiti in sede europea il nostro Paese è stato impegnato concretamente anche nelle politiche di riduzione delle emissioni. Molto è stato fatto e, anche in questo caso, c’è molto da fare, potenziando gli strumenti attivi, sia sul fronte dell’efficienza che delle rinnovabili. L’efficienza da fonti rinnovabili è oggi di circa il 30%, un livello che fino a un po’ di tempo fa si sperava di raggiungere solo nel 2020. Nel 2012 la realizzazione dei pertinenti impianti ha attivato investimenti per circa 13 miliardi di euro e ha garantito lavoro a circa 140 mila persone. La manutenzione degli stessi impianti muove circa 3 miliardi di euro e muove 53 mila occupati. Investire sull’ambiente significa investire sull’occupazione e sulla crescita del Paese. L’ambiente non è nemico della crescita e dell’occupazione del Paese, è il suo migliore amico. Il mio ministero è amico del Mise e del ministero dell’Agricoltura. Io non posso fare senza di loro e loro non possono fare senza di me.

Come dimostrano i dati, la green economy è l’unico settore che durante la crisi ha prodotto non solo in Italia ma in Europa più economia e più posti di lavoro. Chiudersi gli occhi davanti a questo fatto reale sarebbe condannare questo Paese a perdere una fetta importante dell’economia che può contribuire al suo rilancio nei prossimi anni.

Ragionando in termini finanziari, il valore complessivo dei vari sistemi di incentivazione messi in piedi per le fonti rinnovabili di energia ha raggiunto un costo superiore di 12 miliardi e mezzo all’anno. Anche in questo caso questa cifra rende bene il potenziale da sviluppare nel prossimo 2020 relativamente alla produzione termica da rinnovabile. C’è spazio per raddoppiarla rispetto al 2010: da 5 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio a 10 milioni. Con l’efficienza energetica possiamo arrivare a generare risparmi per 15 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio rispetto ai consumi tendenziali, quindi circa il doppio di quanto fatto finora.

Da un punto di vista strategico, la strada è chiara: spingere sull’efficienza energetica, favorire lo sviluppo delle rinnovabili termiche e accompagnare la crescita delle rinnovabili elettriche, bilanciando così il mix delle fonti energetiche. Il governo si sta muovendo in questa direzione.

Riguardo in particolare alla riqualificazione energetica degli edifici, il governo si sta muovendo sia sul fronte degli immobili pubblici che di quelli privati. Si sta provvedendo a restituire un ruolo esemplare all’efficientamento energetico degli immobili pubblici. Infatti, con il recepimento della direttiva 27/2012 si è stabilito che da qui al 2020 ogni anno dovrà essere ristrutturato almeno il 30% della superficie coperta utile degli edifici di proprietà dell’amministrazione centrale pubblica e da essa occupati, con dimensioni superiori ai 500 mq. Dal 2015 questa soglia scenderà a 250 mq.

L’efficienza energetica è uno di quegli interventi che, si dice in gergo, si paga da sé. Se noi riusciamo a fare interventi di efficienza energetica in pochi anni, recuperiamo dai minori consumi quello che abbiamo speso sugli interventi che abbiamo fatto.Questo  ci dice ad esempio l’ecobonus per le ristrutturazioni edilizie, da cui abbiamo avuto introiti fiscali superiori agli incentivi che abbiamo dato. Per questo sarò un sostenitore per rendere stabile nel nostro sistema fiscale l’ecobonus anche nei prossimi anni.

Un’ultima cosa la voglio dire sull’impegno del governo nel semestre europeo: siamo stati il Paese che ha aderito immediatamente all’appello di alcuni Paesi per raggiungere un accordo virtuoso entro la fine dell’anno, possibilmente alla prossima riunione del 23 ottobre di tutti i capi di governo per la riduzione della Co2.

Io credo che l’Europa debba assumere un ruolo trainante. Abbiamo firmato un documento che impegna i Paesi dell’Ue ad arrivare al 2030 riducendo le emissioni di Co2 di almeno il 40% rispetto al dato del 1990. Io credo fermamente che questo non sia un costo per il sistema Paese ma una grande opportunità economica. Se sapremo costruire su questo obiettivo importante per il pianeta un Piano industriale, un Paese forte, filiere produttive in grado di preparare il Paese a questa sfida globale. Per un accordo globale – speriamo – nel 2015 alla conferenza di Parigi, che segnerà il prima e il dopo della battaglia globale ai cambiamenti climatici”.

Fonte:  Ministero dell’Ambiente